https://associazionericercaitalianaaliena.wordpress.com/2018/04/10/gli-spiriti-tra-le-nuvole-i-wandjina/
La mitologia racconta che questo popolo, che poi era solo un piccolo gruppo proveniente dalla regione orientale del Kimberley, ebbe contatti con degli spiriti ancestrali provenienti dal mare, altri dicono provenienti dal sogno, che diedero loro quella “scintilla” divina, che è la vita, all’umanità intera.La loro mitologia ha una somiglianza con la storia del diluvio universale e la Creazione, infatti racconta che gli dei Wandjina vedendo la corruzione che aveva sopraffatto l’uomo decise di inondare tutta la terra e spazzare via l’uomo. Dopo l’alluvione che ripulì la Terra dagli esseri umani corrotti, questi dei sparsi per tutta in tutte le parti del globo crearono diedero vita a nuovi uomini. i Wandjina dunque raccontano che la creazione avvenne con contatto con esseri extraterrestri provenienti dalla Plejadi, avvalorando la loro ipotesi con gli strani disegni rupestri collegati a loro che raffigurerebbero degli alieni con tute e caschi.Sappiamo che gli aborigeni australiani non utilizzavano la scrittura bensì il canto, ed ogni gruppo appartenente ad una ben specifica regione, veniva riconosciuto per il suo canto in quanto differente da gruppo a gruppo, da regione a regione; che come tutti i popoli della Terra, erano legati a determinate costellazioni; di questo popolo sappiamo anche che le pitture rupestri non riportavano solamente i presunti “dei con tute ed i caschi” ma anche “serpenti arcobaleno” ed altre tipologie di dei “filiformi”.Era un popolo non violento, non esisteva la guerra e non esisteva la pena di morte, semplicemente un “condannato” per reati gravi veniva maledetto e, secondo le credenze, moriva di li a poco. ( fonte : paid2write.org ) Con il termine Aborigeni Australiani, si identifica l’insieme delle popolazioni (tribù) autoctone dell’Australia ovvero i discendenti di coloro che, circa 60.000 anni fa giunsero in quel continente, anche se questa data è ancora molto discussa tra gli archeologi. Le tribù aborigene erano estremamente affascinate dal cosmo, dalla misurazione del tempo e dai fenomeni astronomici. Grandi osservatori, grazie alle loro conoscenze rigorosamente tramandate oralmente da generazione in generazione, misero a punto un complesso calendario stagionale.L’apparizione di Arturo all’alba suggerisce agli Aborigeni di Arnhem Land di iniziare la raccolta del giunco per la costruzione delle trappole per i pesci e per i cesti. Nella regione di Mallee nel West Victoria, il sorgere eliaco di Arturo era identificato con l’arrivo di Marpeankurrk, un eroe ancestrale che mostrava loro dove trovare le pupe delle termiti, una importante fonte di cibo durante agosto e settembre. Le rappresentazioni tramandavano come lo Spirito Ancestrale creò il mondo naturale in un lontano passato. Tra gli Aborigeni il Sole era visto come una donna che si svegliava ogni giorno nel suo accampamento a est, accendeva un fuoco, e preparava la torcia di corteccia che avrebbe portato attraverso il cielo. Prima di esporsi, lei amava decorarsi con ocra rossa, la quale, essendo una polvere molto fine, veniva dispersa anche sulle nuvole intorno, colorandole di rosso, (l’alba). Una volta raggiunto l’ovest, rinnovava il trucco, colorando ancora di giallo e rosso le nuvole nel cielo (il tramonto). Poi la Donna-Sole cominciava un lungo viaggio sotterraneo per raggiungere nuovamente il suo campo nell’est. Durante questo viaggio sotterraneo il calore della torcia induceva le piante a crescere.
La Luna, al contrario, era considerato un uomo. A causa dell’associazione del ciclo lunare con il ciclo mestruale femminile, la Luna fu collegata con la fertilità e fu considerata come un simbolo altamente magico. Una eclisse di Sole era interpretata come l’unione tra la Luna-Uomo e il Sole-Donna.Venere, come stella del mattino, conosciuta dagli aborigeni come Barnumbir, era un importante segno per un popolo che si levava all’alba per accingersi alla caccia. Secondo la tradizione della Arnhem Land, Barnumbir aveva paura di annegare, così fu legata con un lungo laccio tenuto da due vecchie donne. La corda le impediva di salire troppo alta nel cielo e di annegare nel fiume della Via Lattea. All’alba le donne più vecchie la portavano in salvo in un cesto intrecciato.
Barnumbir è anche identificata con Bralgu, L’isola della morte dove, quando una persona muore, il suo spirito è condotto. Da qui la cerimonia della stella del mattino è una importante parte dei rituali funerari, dove Barnumbir è rappresentata da un totem, un tronco con un mazzetto di piume bianche e lunghe corde terminanti in più piccoli mazzetti di piume a suggerire i raggi di luce.La Via Lattea Rappresenta un fiume nel Mondo del Cielo, con tanto di pesci (le stelle brillanti) e di ninfee (le stelle più deboli). Essa è al centro di molte leggende regionali. Nella regione di Yirrkala, la Via Lattea era associata a due fratelli annegati mentre affrontavano il fiume in canoa. I loro corpi galleggianti appaiono come due macchie scure nella Via Lattea, a livello delle costellazioni del Serpente e del Sagittario; una linea di quattro stelle vicino ad Antares rappresentano la loro canoa.
Nel Queensland, la Via Lattea era associata con Priepriggie, un Orfeo degli antipodi, noto come cantante, ballerino e cacciatore. Un giorno, nel primo mattino, Priepriggie trovò un albero pieno di volpi volanti, scagliò la lancia trafiggendo il capobranco. Infuriate, le altre volpi volanti cacciarono Priepriggie in cielo. Sperando di richiamarlo indietro, il suo popolo cercò di cantare le sue canzoni ma sbagliavano sempre il ritmo. Poi sentirono una canzone provenire dal cielo, era Priepriggie che cantava e man mano che il ritmo diventava più forte e chiaro, le stelle cominciarono a danzare ordinandosi in una larga banda attraverso il cielo. Così la Via Lattea ricorda al popolo che il loro eroe deve essere celebrato con canti e danze tradizionali, in modo che l’ordine continui a prevalere.
Nell’Australia centrale la Via Lattea fu considerata dalle tribù vicine Aranda e Luritja come un genere di arbitrato celeste. Essa, in maniera molto ampia, marca la divisione tra la parte di cielo degli Aranda, a est, e il campo di cielo dei Luritja, a ovest, e, oltre a questo, essa contiene gli spiriti dei defunti di entrambe le tribù. Le stelle e le costellazioni all’interno della Via Lattea sono classificate conformemente a complesse regole di matrimonio e classi di parentela e rinforza l’universale importanza di esse. La Croce del Sud e i suoi due indicatori, a e b Centauri, sono al centro di diverse leggende regionali.Nella regione intorno a Caledon Bay, la Croce rappresenta una razza inseguita da uno squalo (i puntatori).
In un’altra regione le quattro brillanti stelle della Croce rappresentano due fratelli Wanamoumitja e i loro rispettivi fuochi da campo, mentre cucinano un grande pesce nero (la nebulosa Sacco di Carbone); i puntatori sono due amici Meirindilja venuti a condividere il pesce.
Un’altra leggenda relativa alla Croce del Sud riguarda la santità della vita degli animali e l’avvento della morte nel mondo. Il Grande Spirito, Baiame, creò due uomini e una donna. Egli insegnò loro di quali piante cibarsi ma gli vietò di uccidere gli animali. In seguito ad una siccità tutte le piante morirono e la donna sollecitava gli uomini ad uccidere gli animali per utilizzarli come cibo.
Uno degli uomini uccise un canguro ma l’altro si rifiutò di mangiare la creatura che Baiame aveva vietato loro di uccidere. Solo, nel deserto, quest’uomo cadde esausto ai piedi di un albero della gomma. Ma Yowi, lo spirito della morte, lo attirò all’interno dell’albero, disturbando due cacatua bianchi che stavano covando. In seguito l’intero albero si levò in cielo. Le quattro stelle brillanti sono gli occhi dell’uomo e di Yowi, mentre i due indicatori sono i cacatua che cercano di tornare al loro nido.nfine, uno dei più diffusi cicli di miti concerne Orione e le Pleiadi.
Orione è senza dubbio la costellazione più brillante del cielo, piena di oggetti interessanti. L’imponenza di questa costellazione deriva in gran parte dal fatto che si trova in un’area di formazione stellare, in un vicino braccio della Galassia, con al centro la famosa Nebulosa di Orione (M 42), che rappresenta la spada pendente dalla sua cintura. Quest’ultima è formata da tre stelle brillanti allineate. Le sue stelle più brillanti sono Betelgeuse, supergigante rossa distante 310 a.l., e Rigel, supergigante bianco-azzurra distante 910 a.l.
Le Pleiadi sono l’ammasso stellare più brillante e famoso di tutto il cielo. Si trovano nel Toro e, ad occhio nudo, si possono vedere circa sette stelle, mentre con un binocolo, diverse decine. Dell’ammasso, che dista 450 a.l., fanno parte circa 250 stelle, immerse in una debole luminosità, residuo della nube da cui si sono formate, visibile solo nelle fotografie a lunga esposizione.
Nella mitologia greca, le Pleiadi erano sette sorelle, figlie di Atlante. Inseguite da Orione, esse furono mutate in colombe per poi volare in cielo, formando l’ammasso che porta il loro nome. La “sorella” meno visibile è Merope la quale, avendo sposato un mortale, si nasconde dalla vergogna.
Le leggende aborigene sono sorprendentemente simili. La maggior parte identifica le Pleiadi con un gruppo di giovani donne che fuggivano dagli indesiderati approcci di un cacciatore, il quale, in alcune versioni, fu evirato come punizione e avvertimento.
Tra i popoli che vivono nel Pitjantjatjara, nel Western Desert, il sorgere delle Pleiadi all’alba in autunno significa che l’annuale stagione degli amori tra i dingo è cominciata. Cerimonie di fertilità sono rappresentate qualche settimana più tardi, per le quali alcuni giovani cuccioli sono selezionati per la festa. In accordo con la leggenda, le Kungkarungkara, le donne ancestrali, allevarono una muta di dingo per proteggersi da un uomo chiamato Njiru (Orione). Egli, malgrado i dingo, riuscì a rapire una delle ragazze (la Pleiade oscura) che morì, pur continuando a seguire le altre. Alla fine le sette donne assunsero la loro forma totemica di uccelli e volarono in cielo, ma, sfidando i loro dingo, Njiru le seguì anche attraverso il cielo.
Senza nessuno strumento tecnologico per controllare il loro ambiente, gli Aborigeni Australiani dipendevano completamente dal mondo naturale per sopravvivere. Non è sorprendente che il loro interesse per le stelle non era assorbito da eventi straordinari come supernova e o comete, ma dall’aspetto normale.
La Luna, al contrario, era considerato un uomo. A causa dell’associazione del ciclo lunare con il ciclo mestruale femminile, la Luna fu collegata con la fertilità e fu considerata come un simbolo altamente magico. Una eclisse di Sole era interpretata come l’unione tra la Luna-Uomo e il Sole-Donna.Venere, come stella del mattino, conosciuta dagli aborigeni come Barnumbir, era un importante segno per un popolo che si levava all’alba per accingersi alla caccia. Secondo la tradizione della Arnhem Land, Barnumbir aveva paura di annegare, così fu legata con un lungo laccio tenuto da due vecchie donne. La corda le impediva di salire troppo alta nel cielo e di annegare nel fiume della Via Lattea. All’alba le donne più vecchie la portavano in salvo in un cesto intrecciato.
Barnumbir è anche identificata con Bralgu, L’isola della morte dove, quando una persona muore, il suo spirito è condotto. Da qui la cerimonia della stella del mattino è una importante parte dei rituali funerari, dove Barnumbir è rappresentata da un totem, un tronco con un mazzetto di piume bianche e lunghe corde terminanti in più piccoli mazzetti di piume a suggerire i raggi di luce.La Via Lattea Rappresenta un fiume nel Mondo del Cielo, con tanto di pesci (le stelle brillanti) e di ninfee (le stelle più deboli). Essa è al centro di molte leggende regionali. Nella regione di Yirrkala, la Via Lattea era associata a due fratelli annegati mentre affrontavano il fiume in canoa. I loro corpi galleggianti appaiono come due macchie scure nella Via Lattea, a livello delle costellazioni del Serpente e del Sagittario; una linea di quattro stelle vicino ad Antares rappresentano la loro canoa.
Nel Queensland, la Via Lattea era associata con Priepriggie, un Orfeo degli antipodi, noto come cantante, ballerino e cacciatore. Un giorno, nel primo mattino, Priepriggie trovò un albero pieno di volpi volanti, scagliò la lancia trafiggendo il capobranco. Infuriate, le altre volpi volanti cacciarono Priepriggie in cielo. Sperando di richiamarlo indietro, il suo popolo cercò di cantare le sue canzoni ma sbagliavano sempre il ritmo. Poi sentirono una canzone provenire dal cielo, era Priepriggie che cantava e man mano che il ritmo diventava più forte e chiaro, le stelle cominciarono a danzare ordinandosi in una larga banda attraverso il cielo. Così la Via Lattea ricorda al popolo che il loro eroe deve essere celebrato con canti e danze tradizionali, in modo che l’ordine continui a prevalere.
Nell’Australia centrale la Via Lattea fu considerata dalle tribù vicine Aranda e Luritja come un genere di arbitrato celeste. Essa, in maniera molto ampia, marca la divisione tra la parte di cielo degli Aranda, a est, e il campo di cielo dei Luritja, a ovest, e, oltre a questo, essa contiene gli spiriti dei defunti di entrambe le tribù. Le stelle e le costellazioni all’interno della Via Lattea sono classificate conformemente a complesse regole di matrimonio e classi di parentela e rinforza l’universale importanza di esse. La Croce del Sud e i suoi due indicatori, a e b Centauri, sono al centro di diverse leggende regionali.Nella regione intorno a Caledon Bay, la Croce rappresenta una razza inseguita da uno squalo (i puntatori).
In un’altra regione le quattro brillanti stelle della Croce rappresentano due fratelli Wanamoumitja e i loro rispettivi fuochi da campo, mentre cucinano un grande pesce nero (la nebulosa Sacco di Carbone); i puntatori sono due amici Meirindilja venuti a condividere il pesce.
Un’altra leggenda relativa alla Croce del Sud riguarda la santità della vita degli animali e l’avvento della morte nel mondo. Il Grande Spirito, Baiame, creò due uomini e una donna. Egli insegnò loro di quali piante cibarsi ma gli vietò di uccidere gli animali. In seguito ad una siccità tutte le piante morirono e la donna sollecitava gli uomini ad uccidere gli animali per utilizzarli come cibo.
Uno degli uomini uccise un canguro ma l’altro si rifiutò di mangiare la creatura che Baiame aveva vietato loro di uccidere. Solo, nel deserto, quest’uomo cadde esausto ai piedi di un albero della gomma. Ma Yowi, lo spirito della morte, lo attirò all’interno dell’albero, disturbando due cacatua bianchi che stavano covando. In seguito l’intero albero si levò in cielo. Le quattro stelle brillanti sono gli occhi dell’uomo e di Yowi, mentre i due indicatori sono i cacatua che cercano di tornare al loro nido.nfine, uno dei più diffusi cicli di miti concerne Orione e le Pleiadi.
Orione è senza dubbio la costellazione più brillante del cielo, piena di oggetti interessanti. L’imponenza di questa costellazione deriva in gran parte dal fatto che si trova in un’area di formazione stellare, in un vicino braccio della Galassia, con al centro la famosa Nebulosa di Orione (M 42), che rappresenta la spada pendente dalla sua cintura. Quest’ultima è formata da tre stelle brillanti allineate. Le sue stelle più brillanti sono Betelgeuse, supergigante rossa distante 310 a.l., e Rigel, supergigante bianco-azzurra distante 910 a.l.
Le Pleiadi sono l’ammasso stellare più brillante e famoso di tutto il cielo. Si trovano nel Toro e, ad occhio nudo, si possono vedere circa sette stelle, mentre con un binocolo, diverse decine. Dell’ammasso, che dista 450 a.l., fanno parte circa 250 stelle, immerse in una debole luminosità, residuo della nube da cui si sono formate, visibile solo nelle fotografie a lunga esposizione.
Nella mitologia greca, le Pleiadi erano sette sorelle, figlie di Atlante. Inseguite da Orione, esse furono mutate in colombe per poi volare in cielo, formando l’ammasso che porta il loro nome. La “sorella” meno visibile è Merope la quale, avendo sposato un mortale, si nasconde dalla vergogna.
Le leggende aborigene sono sorprendentemente simili. La maggior parte identifica le Pleiadi con un gruppo di giovani donne che fuggivano dagli indesiderati approcci di un cacciatore, il quale, in alcune versioni, fu evirato come punizione e avvertimento.
Tra i popoli che vivono nel Pitjantjatjara, nel Western Desert, il sorgere delle Pleiadi all’alba in autunno significa che l’annuale stagione degli amori tra i dingo è cominciata. Cerimonie di fertilità sono rappresentate qualche settimana più tardi, per le quali alcuni giovani cuccioli sono selezionati per la festa. In accordo con la leggenda, le Kungkarungkara, le donne ancestrali, allevarono una muta di dingo per proteggersi da un uomo chiamato Njiru (Orione). Egli, malgrado i dingo, riuscì a rapire una delle ragazze (la Pleiade oscura) che morì, pur continuando a seguire le altre. Alla fine le sette donne assunsero la loro forma totemica di uccelli e volarono in cielo, ma, sfidando i loro dingo, Njiru le seguì anche attraverso il cielo.
Senza nessuno strumento tecnologico per controllare il loro ambiente, gli Aborigeni Australiani dipendevano completamente dal mondo naturale per sopravvivere. Non è sorprendente che il loro interesse per le stelle non era assorbito da eventi straordinari come supernova e o comete, ma dall’aspetto normale.

Il sistema di credenze degli Aborigeni assolveva a tre importanti funzioni sociali:
– Produceva un livello di confidenza e prevedibilità circa il loro posto nell’universo, non come esseri superiori ma come compagni di tutto;
– Coltivava il rispetto sia per le cose inanimate che per le animate, siccome tutto condivide la stessa struttura spirituale, seguendo la tradizione del Mondo del Sogno;
– Inoltre esso provvede un supporto per i costumi tribali, riti e alla moralità come queste sono riflesse e decretate nel Mondo del Cielo.
Gli Aborigeni vedono sé stessi come parte integrale nel processo naturale, sia essi terrestre o celestiale. Essendo una delle pochissime culture che non ha un mito equivalente all’espulsione dall’Eden, questi popoli credono che, attraverso il loro Grande Antenato, essi sono co creatori del mondo naturale e non ne sono mai stati alienati. Da ciò ci sono necessari parallelismi tra gli eventi del cielo con quelli della Terra, e con ciò che si sviluppa nella cultura umana.
dalle parti di Bigge Island, nell’Australia occidentale, potrebbe imbattersi in strane creature come queste. Occhi grandi, naso adunco, un’aura misteriosa attorno alla testa e, soprattutto, niente bocca: è questo l’aspetto delle divinità primitive – i “Wandjina” – che un bel giorno, seguendo il “sogno” di creazione, plasmarono il mondo e tutti gli esseri viventi. Almeno così credevano gli aborigeni australiani che le dipinsero sulle pareti di alcune grotte della zona.
Non è ancora del tutto chiaro a quale periodo risalgano queste pitture, ma molti dei rilievi archeologici effettuati finora fanno pensare a un periodo compreso tra i 50 mila e i 40 mila anni fa. 

I Wandjina, che tradotto letteralmente significa “il Tutto”, vissero in un tempo chiamato “dei genitori” durante il quale queste “entità” non avevano una forma ben definita, pur essendo comunque di enormi proporzioni. Il loro principale compito fu quello di insegnare “le leggi, i precetti e le regole di comportamento”, all’uomo, oltre ad introdurre i rituali e le pratiche cerimoniali ancora oggi in uso presso le varie tribù. le tribù indigene riconoscono in queste raffigurazioni le loro divinità “Gli Spiriti nelle Nuvole”, spesso raffigurati in sequenza di figure umane stilizzate insieme a rappresentazioni nuvolose. Questa dualità di forme antropomorfe è molto diffusa nelle culture primitive, è possibile osservarla, per esempio, nei racconti biblici narrati nel Libro dell’Esodo.
Djamar e Tjurunga
Alcune tribù Aborigene, ad esempio, raccontano di Djamar; un essere venuto dalle nuvole e disceso sulle loro terre sopra Tjurunga, “la tonante” un oggetto luminescente e molto rumoroso.
Ancora oggi, si racconta che la presenza di Djamar sia preceduta da un forte vento, generato secondo queste popolazioni proprio dal suo mezzo di trasporto. A riprova della veridicità del loro racconto, gli Aborigeni mostrano le colline circostanti sulle quali non cresce più alcuna pianta, danni permanenti (secondo loro) provocati dall’atterraggio di Djamar. Il veivolo di Djamar si chiamava “Tjurunga”, tradizionalmente nelle rappresentazioni lignee sacre, viene descritto come un lungo e lucente oggetto sigariforme. ( fonte : invasionealiena.com )


Commenti
Posta un commento